Lo strano titolo è un omaggio a una vecchia battuta di Daniele Luttazzi dedicata a
Cesare Previti. La battuta era: “Previti non smentisce mai la sua fama di cattivo.
Quando ha visto ‘Titanic’ tifava per l’iceberg”.
E quindi?, qualcuno dirà. La satira è il cattivo? O, peggio ancora… la satira è Previti?
Sarebbe da brividi!… Beh, battuta di Luttazzi a parte, sarebbe interessante ricordare
la spocchia con cui il Titanic era considerato assolutamente inaffondabile.
Figuriamoci se un misero blocchetto di ghiaccio in mezzo al mare avrebbe potuto
fermarlo… eppure. In qualche modo (e, nello specifico, anche a carissimo prezzo)
l’iceberg smontò la velleità semidivina del Titanic (i Titani erano appunto semidei)
riportandolo alla materialità, alla misera dimensione umana. Che è proprio ciò che
fa la satira.
Genere multiforme che le autorità sociali, politiche, religiose di turno hanno sempre
combattuto e cercato in vari modi di ridurre al silenzio, la satira ha attraversato
secoli, addirittura millenni, riuscendo costantemente a rinnovarsi e a rigenerarsi
nonostante l’offensiva che il Potere le ha sempre scatenato contro. Il motivo è
semplice: la satira, attraverso l’esagerazione, la deformazione, ma anche la semplice
informazione sapientemente utilizzata, ha l’insopprimibile bisogno di trasformare
tutto in materia. Quella materia che il potere politico e religioso ha sempre cercato
di staccare da sé, per ammantarsi di spiritualità. Se noi pensiamo che il re di turno
sia ordinato da Dio, ci riesce più difficile immaginare che si sieda sul cesso come
tutti. Eppure è così. E la satira ha la colpa di ricordarlo, sempre e comunque. Il
Potere la combatte, eppure la teme. O, se si preferisce, la combatte proprio perché la
teme.
Il teatro, da Aristofane in poi, ha spesso eccelso e trovato linfa vitale in questo
genere: così mi è venuta voglia di raccontarlo. Ovviamente in un seminario di poche
ore non possiamo disperdere le forze su troppi obiettivi, perciò mettiamola così:
una sorta di percorso tematico (attraverso i grandi autori satirici teatrali) di poche
tappe, ma belle toste. Inizieremo sicuramente il viaggio da Aristofane, il primo
autore satirico che conosciamo, e in particolare dalla prima delle sue commedia
arrivata fino a noi, ‘Gli Acarnesi’, che a conti fatti è la prima grande opera satirica
cui abbiamo conoscenza, e poi vedremo. L’argomento è pressoché inesauribile. Tra
gli autori classici e quelli moderni tanta acqua è passata sotto i ponti, ma dal punto
di vista del cuore pulsante satirico, il vecchio Aristofane e Dario Fo non sono poi
così diversi… Giocheremo con i testi che ci piacciono di più, ne sceglieremo uno, o
chissà, forse più di uno, e ci lavoreremo su, per fargli riprendere vita teatrale, e
cercando di metterne in luce bersagli e dinamiche, anche alla luce della nostra
sensibilità di esseri umani del Terzo Millennio. Come ogni forma d’arte, non può
esistere satira senza presente. Le regole del gioco sono le medesime di ogni genere
teatrale, l’obiettivo è più particolare: la satira sfugge a una definizione precisa, se
non in negativo, e probabilmente le parole che più spesso si sono dette o scritte
riguardo una qualsiasi opera satirica sono state “Ma questa non è satira!”. Come
raccapezzarsi in tutto questo? Lo scopriremo insieme. Per dirla alla “School of
Rock”, giochiamo a fregare il Potente